mercoledì 28 ottobre 2009

CRONACA DI UNO SGOMBERO Ex cartiera di Via Salaria 9 settembre 2009

ho messo insieme le foto scattate e i lanci mandati al redattore sociale durante il 9 novembre scorso. Lo sgombero non era stato avvisato e così stanze da letto e da pranzo sono rimaste bloccate nei gesti di quotidianità mattiniera che venivano compiuti durante l'irruzione.
Alla fermata del bus, bagagli in buste della spesa, biciclette per bambini portate a mano e antenne paraboliche.

Tra i 200 e i 300 immigrati, tra cui 80 membri di nuclei familiari con bambini, sono stati sgomberati questa mattina (9 settembre) dall'edificio dell'ex ente Cellulosa in via Salaria 971 a Roma. Sono circa 200 i membri delle forze dell’ordine tra polizia e carabinieri attualmente sul posto. La via Salaria è bloccata da stamattina alle 9. Ancora arredate con tutti gli effetti personali molte stanze all’interno del complesso poiché lo sgombero non era stato avvisato. "I nuclei familiari - dice il rappresentante alla Sicurezza del sindaco Giorgio Ciardi – saranno trasferiti presso un centro di accoglienza dell’arci confraternita situato in via della Primavera”. Al momento molti inquilini dello stabile, per la maggior parte provenienti da Bangladesh, Pakistan, India e Afghanistan, si stanno allontanando con i bagagli senza sapere dove andare.



Molti afgani e pakistani, circa un centinaio, titolari di protezione umanitaria del governo italiano, sono tra gli sgomberati dell'ex ente Cellulosa (vedi lancio precedente). "La domanda per accedere ai centri di accoglienza convenzionati è stata presentata": così è scritto sul cedolino datato 8 giugno 2008 del comune di Roma che Abdul, afgano di Kabul, mostra. E’ fuggito dalla guerra 2 anni fa e dall’Italia ha ricevuto l’asilo politico ma non un luogo dove stare. E’ stato 6 mesi a dormire alla stazione Ostiense, prima di venire in questo edificio un anno fa e oggi è di nuovo sulla strada. Alla fermata dell’autobus davanti all’ex ente aumentano le persone in attesa con i bagagli: sono peruviani, romeni, bengalesi, indiani, quelli che non hanno avuto amici che hanno potuto ospitarli. Victor, peruviano, è in regola con il permesso di soggiorno, è qui da 8 anni e fa il badante. Ma da quando non ha una famiglia fissa presso la quale lavorare, non può pagarsi l’affitto. Ashma, indiana, è venuta ad aiutare un amico e dice: “Se ci avvertivano, ci saremmo organizzati. Invece saremo costretti a dormire qui davanti stanotte”.





Si è concluso pacificamente nella tarda mattinata lo sgombero dell'ex Museo della Carta, struttura di proprietà della Fintecna occupato 18 mesi fa da alcune centinaia di immigrati di diverse nazionalità e da qualche famiglia italiana. La nota del comune parla di "120 persone”, ma Bachchu, il portavoce dell'Associazione "Duumchatu" che insieme al comitato "Aree ingovernabili" gestiva da un anno e mezzo l'occupazione, afferma: "Erano oltre 400: noi abbiamo tutti i nomi nei nostri registri. Tra di loro c'è anche Babul Begun, il marito di Meri Begun, la donna bengalese che nel gennaio 2007 si gettò dal balcone insieme al suo figlioletto per fuggire all'incendio divampato nel suo appartamento”. Il rappresentante della comunità bengalese aggiunge che “molti degli immigrati che sono stati sgomberati sono richiedenti asilo politico e in quanto tali non hanno un permesso di soggiorno che gli permette di lavorare. Ora, senza neanche un alloggio, che faranno? Saranno costretti a rubare?".
Nell'edificio di proprietà del ministero dell'Economia e delle finanze, oltre ai mobili e ai beni personali che le persone non sono riuscite a portare via, sono rimaste le statue e oggetti religiosi indù dei molti immigrati dell'Asia meridionale che vi alloggiavano, nonché le attrezzature di stampa di proprietà dell'associazione Duumchatu. Non vi sono state comunque resistenze allo sgombero che è avvenuto nella mattinata alla presenza di circa 200 membri delle forze dell'ordine. Alcuni autobus sono stati utilizzati per portare 81 immigrati, 20 nuclei familiari con minori, donne sole, ragazze madri e minori soli, in strutture del comune adibite all'emergenza alloggiativa. Gli uomini soli, ovvero la maggioranza, si sono assiepati con i bagagli attorno alla fermata sulla Salaria in attesa di un autobus che li portasse in una stazione o in un altro luogo per passare la notte. Perché “i centri di accoglienza sono ormai stracolmi”, dicono in coro gruppetti di afgani mostrando certificati di iscrizione ai centri del Comune, risalenti a diversi mesi fa.