mercoledì 23 dicembre 2009

NATALE IN TENDA (dei profughi afgani alla stazione Ostiense)



(foto di Valeria Galletti)

Questo è un articolo che avevo scritto per un giornale free press tra i più diffusi, con l'intento(comunque un po' troppo ambizioso) di "fare almeno un po' di pressione" perchè le autorità competenti, volgessero il pensiero alla faccenda. Non è nuova, lo so. Di afgani accampati all'Ostiense si parla da mesi, anni. E loro continuano ad arrivare e, dopo viaggi inimmaginabili, a resistere al freddo e al disagio. La notizia non è andata su quel giornale, troppo intasato in questo periodo di pubblicità natalizie. La pubblico ora qui, dedicandola agli attiviti dell'associazione che continua a occuparsi di questo flusso di giovani orientali - nostro unico riscontro di una guerra combattuta lontano da qui - durante i lunghi periodi che intercorrono tra i picchi di attenzione mediatica.

"Vengono con febbre, dermatiti, malattie respiratorie e noi gli diamo gli antibiotici che ci fornisce la Caritas, ma come possono guarire se continuano a dormire all'aperto, con questo freddo?" Alberto e Chiara sono volontari dell'Associazione Medu (Medici per i diritti umani), che da anni assiste i rifugiati dell'Afghanistan che giungono alla stazione Ostiense, snodo fondamentale per i giovani in fuga da quel paese martoriato dal conflitto. Punto di riferimento della migrazione, ma anche e sempre di più, luogo di accampamento, a causa della carenza di strutture pubbliche dedicate all'accoglienza di richiedenti asilo a Roma. Un dramma, quando arriva il gelo di questi giorni. E di queste notti.

Una soluzione per alcuni di loro, è stata trovata dal Comune di Roma, nel Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di Porto dove, in seguito alla pressione del Medu e di altre organizzazioni impegnate a fianco dei profughi afgani, lo scorso 12 novembre sono stati trasferiti un centinaio degli "abitanti" dell'Ostiense. Ma molti sono rimasti fuori e continuano a dormire nelle tende da campeggio di nylon, circa una ventina, i cui colori estivi stonano nel paesaggio di cantieri e pozzanghere ghiacciate che circonda il terminal ferroviario. "Mercoledì mattina, quando abbiamo aperto il nostro ambulatorio mobile, sono venute 80 persone", dice Alberto Barbieri, coordinatore generale del Medu, indicando come questo, il numero di afgani ancora accampati nei pressi della stazione Ostiense. "Chiediamo che possano essere accolti in un posto chiuso anche loro", fa appello. La richiesta del Medu e delle altre associazioni che hanno seguito gli afgani, come Laboratorio53 e Yo Migro, è che vengano offerti ai giovani profughi i posti ancora disponibili al centro di Castelnuovo di Porto, attualmente gestito dalla Croce Rossa. "Almeno durante il periodo dell'emergenza freddo, fino a gennaio-febbraio".

"Per il futuro chiediamo che si possa creare un centro di assistenza e accoglienza, proprio qui, a Ostiense", dice Barbieri, sottolineando come il flusso di ragazzi in fuga dalla guerra non accenni ad arrestarsi. "Lo chiediamo anche per gli abitanti del quartiere" dice Barbieri, affermando come l'obbiettivo dell'attività di accoglienza sia anche evitare degrado e favorire la convivenza. Attualmente il quartiere non ha negato solidarietà: "Povere anime, vengon da me a prendere i cartoni", dice un giornalaio dei dintorni. Mentre il circolo bocciofilo, ha offerto la propria sede per il presidio socio-sanitario del Medu. "Ma - dice Alberto - questa situazione non potrà durare a lungo".

lunedì 14 dicembre 2009

Il Natale di Navtej (1 anno dopo l'aggressione di Nettuno)

Era giunto da un paese lontano e quando ha perso l'occupazione precaria si era trovato da solo, un senzatetto. Un giorno di pieno inverno tre ragazzi gli hanno tirato della benzina e hanno acceso il fuoco. In molti ricorderanno la storia di Navtej Singh Sidho, l'"indiano bruciato" nella stazione di Nettuno, il 31 gennaio scorso. Non si credeva che sarebbe sopravvissuto, ma i medici hanno lottato con lui e poi lo hanno assistito, per mesi. Ora è tornato l'inverno e Navtej può dire che ce l'ha fatta. Solo a sopravvivere però, perchè le sue gambe non possono più dirsi tali e almeno per alcuni mesi deve rimanere sulla sedia a rotelle. Ma ora deve abbandonare la struttura di riabilitazione di Telese Terme che lo ospitato per questi mesi. Il 24 o il 25 dicembre sono i giorni in cui si prevede la sua dimissione. Una data che fa riflettere e che forse salverà questo ragazzo di 35 anni. Forse nessuno avrà il coraggio di riportarlo in strada, proprio quel giorno. Forse. Perchè la generosità espressa dalle istituzioni nei giorni dell'attenzione mediatica è, finora, rimasta parole. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il sindaco di Nettuno Alessio Chiavetta, gli avevano assicurato un alloggio, mentre il presidente del Senato Renato Schifani, gli aveva promesso un lavoro. "Ma non è arrivato niente, e noi non sappiamo cosa fare quando lui uscirà dall'ospedale", denuncia Balray Singh, rappresentante della comunita' Sikh di Roma e membro della consulta religiosa della Capitale, che ha avuto dall'ambasciata indiana l'incarico di seguire le vicende sanitarie e legali di Navtej, per conto della sua famiglia. "Abbiamo continuato a chiedere quanto era stato promesso, ma senza avere risposte – aggiunge – soprattutto all'assessore ai Servizi sociali di Nettuno, Domenico Cianfriglia, che continua a rassicurarci, ma finora ci ha dato solo parole". Per quanto riguarda il lavoro, Singh afferma che "ora può fare solo un lavoro tranquillo, che gli permetta di restare seduto", e si appella di nuovo alla solidarietà delle istituzioni, o delle persone. Ma la cosa più urgente, resta l'alloggio. Singh racconta poi del processo ai tre ragazzi, che ha seguito: è stata data la prima condanna, di 5 anni, al più giovane, che ha confessato, mentre per i due maggiorenni ci sarà un'udienza nei prossimi giorni. Ma resta alta la preoccupazione per gli episodi di razzismo di cui sono continuamente oggetto i suoi connazionali, lavoratori agricoli nelle zone di Anzio, Aprilia e Lavinio: "Ciò che accade più spesso - dice – è che quando la sera tornano a casa in bicicletta, alcuni ragazzi in automobile, si fermano aprono gli sportelli e li spingono a terra. "I ragazzi a volte si fanno male in seguito a questo tipo di aggressioni, che accadono almeno due volte al mese, anche se di solito non denunciano perchè hanno paura di andare alla polizia, se non hanno i documenti".

Uscito anche su Epolis Roma di oggi