martedì 14 settembre 2010

Motovedette donate dall'italia alla Libia. Oggi sparano sui pescatori siciliani e l'anno scorso li sequestravano. Reportage da Mazara del Vallo

Sta facendo scalpore la notizia di una motovedetta libica con a bordo esponenti della guardia di finanza italiana che ieri ha sparato su un peschereccio di Mazara del Vallo colpevole di non essersi fermato immediatamente all'alt intimatogli dall'imbarcazione militare. Ma l'atteggiamento aggressivo delle forze dell'ordine libiche nei confronti dei pescatori italiani, indirettamente sostenuto dai rapporti sempre più stretti tra i due paesi, non è affatto cosa nuova. Di seguito un mio articolo pubblicato sul settimanale Carta esattamente un anno fa. Che ci indica anche, come il motivo del contendere sia una differente interpretazione del diritto del mare.



SEQUESTRATI DAI LIBICI CON LE MOTOVEDETTE DONATE DALL'ITALIA

Se non è stata una provocazione del presidente della Libia, Muhammar Gheddafi, certo un curioso scherzo del destino. Proprio le motovedette recentemente donate dall'Italia alla marina libica per pattugliare le sue coste ai fini di contrastare l'immigrazione irregolare nel nostro paese, sono state usate per sequestrare, dal 22 luglio al 4 agosto 2009, il motopeschereccio Monastir della flotta di Mazara del Vallo guidato da Nicola Asaro, già premiato dall'Alto commissariato Onu per i Rifugiati per aver salvato più volte barche di migranti in pericolo nello stretto di Sicilia. Un'operazione, conclusa con la minaccia della confisca dei pescherecci che in futuro si avventurassero nella striscia di mare di 74 miglia che circonda la Libia e giunta proprio alla vigilia del 30 agosto, giornata dell'”amicizia Italia-Libia”.

“Quel confine va contro la normativa internazionale che stabilisce a 12 miglia il limite delle acque territoriali di ogni paese – dicono i pescatori mazaresi - Gheddafi, con un decreto del 2005 si è arrogato il diritto di definire libiche altre 60 miglia di acque internazionali ricchissime di pescato. Ma il peggio è che il governo italiano e la nostra guardia costiera si adoperano per fare rispettare le regole fissate dal dittatore libico, unilateralmente”. Effettivamente, sul sito della marina militare italiana si legge: Con decreto 37/2005 del 24 febbraio 2005 la Libia ha proclamato una zona di protezione dalla pesca che si estende per 62 miglia a partire dal limite esterno delle acque territoriali (12 miglia dalla costa) e in cui viene esercitata giurisdizione volta a vietare, a meno di autorizzazione delle competenti autorità, qualsiasi attività di pesca. Annessa al decreto è la «Declaration of a Libyan Fisheries Protection Zone in the Mediterranean» con cui si indicano, come base legale dell’iniziativa, il Protocollo di Barcellona del 1995 concernente le aree del Mediterraneo specialmente protette, oltre a diversi accordi della Fao a protezione dell’ambiente marino.



Ma le aggressioni e i sequestri a danno dei pescherecci italiani risalgono a molto prima del 2005. Vincenzo Pellegrino, capitano del motopeschereccio “Regina”, (premiato dall’Unhcr per un salvataggio nel 2008), ricorda con orrore i tre mesi di detenzione in un carcere di Tripoli, nel 1979: “Ero in una stanza di 5mq con 22 persone e con un pasto scarso al giorno”. Successivamente ci sono stati casi in cui i pescherecci stessi non sono mai stati riconsegnati, provocando una perdita enorme per gli armatori. Nel 2000 i militari libici hanno addirittura provocato la morte un marinaio del motopesca Orchidea, entrando e provocando un incendio nella barca che pescava a 30 miglia dalla costa nordafricana. Nel recente caso del sequestro di cui sono stati vittima i motopesca Monastir e Tulipano, gli equipaggi sono rimasti 18 giorni in porto, evitando il carcere, ma Asaro - capitano del Monastir - ricorda con dolore, l'aria di beffa del militare libico che un mese fa è salito sulla sua barca ricordando l'episodio del 2000. Inoltre, il sequestro di un mese di pescato e delle reti è un danno imponente per i pescherecci: sommando i 30.000 euro di gasolio speso, i 60-70.000 euro del valore della pesca e i 20.000 delle 4 reti, si superano abbondantemente i 100.000 euro. Ma i pescatori mazaresi non intendono mollare: “Pescare in quel mare ci è necessario – dice il capitano Pietro Russo - una flotta di circa 200 pescherecci come la quella di Ma zara del Vallo non può fermarsi nelle acque poco a sud di Lampedusa. 74 miglia di acque territoriali, invece delle 12 di tutti gli altri paesi sono troppe”. Monsignor Domenico Mogavero, Vescovo di Mazara del Vallo si è pronunciato sulla vicenda auspicando un interesse europeo ma considerando necessario almeno quello del governo italiano, affinché sul tratto di mare conteso, si possano stabilire regole precise.

1 commento:

  1. Siccome l'iniziativa libica, di costituire un parco marino - riconosciuta da organi sovranazionali competenti e dal governo italiano - è tesa a garantire una maggiore pescosità nelle rimanenti aree autorizzate, per il ripopolampento costante, che così ne può derivare, non vedo come non apprezzarne il valore e risolvere il problema della sicurezza dei pescherecci italiani, aggiungendo anche un piccolo margine di manovra, cioè autolimitantosi a 75 e non 74 miglia dalla costa libica (ndr indirizzo uniconte :)). Non si può prescindere dal pescato nel fare i conti su questo argomento. E' scontato che più é estesa l'area protetta maggiore è la quantità di pesce disponibile. La risonanza del numero di miglia poco importa di fronte al risultato nelle stive dei pescherecci. Si può eventualmente chiedere che alle unità libiche si affianchino controlli italiani sul rispetto del parco compreso tra le 12 e le 74 miglia, visto che ad esso si attinge. Mi auguro che anche il Vescovo di Mazara del Vallo, S.E. Mons. Domenico Mogavero, accolga benevolmente l'iniziativa di condividere la responsabilità del parco più ricco possibile e la prudenza di aggiungere margini di sicurezza a manovre diventate un pò troppo pericolose. Grazie tante.

    RispondiElimina