A 10 anni volevo fare la giornalista e mi sono inventata un notiziario del condominio. Poi è venuta la passione per il mondo. Con quel brivido creativo che ti attraversa quando senti una storia e il bisogno di raccontarla. Qui metto i reportage, le inchieste, le immagini, le emozioni che mi hanno lasciato le persone che ho incontrato.
mercoledì 15 settembre 2010
Quale rapporto tra aiuti e progressi contro la fame nel mondo?
Se molte Ong, in particolare Oxfam International, hanno sottolineato come la diminuzione del numero di persone che soffrono la fame nel mondo, non è stata determinata dalle donazioni dei paesi ricchi, ma da altri elementi (come due anni di buoni raccolti e la conseguente diminuzione del costo del cibo), la domanda, su qual'è il rapporto tra soldi donati e progressi nella lotta alla malnutrizione, sorge spontanea. Ha provato a rispondervi il giornalista del Guardian Jonathan Glennie , nella nuova sezione del sito del quotidiano britannico, dedicata allo sviluppo globale (www.guardian.co.uk/global-development).
Glennie divide i paesi in via di sviluppo in due gruppi principali, che rappreseno due tendenze contrastanti. Da un lato ci sono Cina, India, Brasile e gran parte dei paesi dell'America Latina, per i quali la diminuzione delle persone malnutrite è stata determinata dall'aumento generale della ricchezza e da alcune politiche statali, con poca incidenza degli aiuti allo sviluppo che rappresentano una percentuale minima del prodotto interno lordo. Dall'altro lato abbiamo un gruppo di paesi più poveri (concentrati prevalentemente in Africa, qualcuno in Asia e pochi in America Latina), dove invece l'aiuto allo sviluppo, che rappresenta una parte notevole del prodotto interno lordo (in Burundi la percentuale arriva al 50%), è necessariamente rilevante.
Ma in che modo l'aiuto incide? A questa domanda il giornalista ammette di non avere risposte certe: "Dovremmo conoscere gli aspetti specifici delle politiche del paese beneficiario e i particolari delle forme di aiuto". Spiega che in alcuni casi il denaro donato può aver minato gli equilibri economici e politici locali con effetti distruttivi, ma che quando è stato ben gestito ha portato buoni risultati e cambiamenti nella vita della gente, con piccoli effetti negativi. Tutto dipende dai singoli casi.
Il giornalista, infine, ammette che la divisione dei due gruppi è piuttosto arbitraria e che vi sono diversi paesi nel mezzo.
Noi possiamo notare che, i paesi dove tuttora vive la maggior parte delle persone che soffrono la fame e la povertà nel mondo, non si trovano nei paesi che seguendo gli stereotipi più comuni immagineremmo ma, in ordine: nei giganti economici India e Cina, in Nigeria (ricchissima di petrolio e secondo paese africano con il più alto pil del continente, dopo il Sudafrica), in Bangladesh e in indonesia. Seguono, a pari merito, Tanzania e Etiopia.
Per vedere la rappresentazione grafica: http://www.guardian.co.uk/global-development/datablog/2010/sep/14/bottom-billion-poverty
Foto: una venditrice di riso al mercato in Ghana - di L. Jona
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