Questi due uomini, così
lontani per origine, età, cultura e prospettive, erano diventati
così vicini, per l'intimità che si crea nel confine tra la vita e
la morte, tra il mare e la terra, tra l'antica legge del mare e la
paura di essere accusati di “favoreggiamento di immigrazione
clandestina”
Mohamed ha 26 anni ed è fuggito dalla
Mauritania perché non sopporta più la condizione di schiavitù in
cui lui e la sua famiglia vengono tenuti, in quanto neri. Ma il
gommone che deve portarlo in Italia insieme ad altre 47 persone
prende acqua e a poco a poco affonda, fino a che non resta lui solo
su un pezzo di legno. Decide di attendere la morte ma viene distratto
dalla vista di un delfino che gli ricorda che un giorno qualcuno gli
ha detto “se incontri un delfino in mare, potrà salvarti”.
Vito è il capitano di un peschereccio
di Mazara del Vallo: Ha 50 anni, ma lo spirito inquieto di un
ragazzo. Ed è proprio per questo che, poichè non riesce a stare
fermo e seduto davanti al monitor del peschereccio che guida, ma ha
bisogno di alzarsi in piedi a scrutare il mare, all'alba di un giorno
di fine agosto osserva qualcosa di inusuale affiorare tra le onde.
Prende il binocolo pensando si tratti di una boa, ma poi vede un
braccio alzarsi, muoversi verso di lui.
Ho ascoltato per la prima volta questi
racconti di Mohamed e Vito quattro anni fa, quando, con l'idea di
realizzare un documentario sul miracoloso salvataggio di un uomo solo
in mezzo al mare premiato dall'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati
(Unhcr), su spinta della produttrice Marta Zaccaron mi sono messa
alla ricerca dei due protagonisti. Quando lo abbiamo rintracciato,
Mohamed si trovava ad Alessandria, dove era stato inserito in un
progetto di accoglienza e formazione professionale per rifugiati.
Vito invece, lo abbiamo intervistato nella sua cittadina di Mazara
del Vallo, tornato da una delle battute di pesca che in queste zone
durano tra un mese e un mese e mezzo. Questi due uomini, così
lontani per origine, età, cultura e prospettive, erano diventati
così vicini, per l'intimità che si crea nel confine tra la vita e
la morte, tra il mare e la terra, tra l'antica legge del mare e la
paura di essere accusati di “favoreggiamento di immigrazione
clandestina”. Entrambi avevano un grande desiderio di
re-incontrarsi. E' stato possibile anche grazie al film, che in hanno
creduto i giudici del Fondo Media della Commissione Europea e del
Fondo per l'Audiovisivo del Friuli Venezia Giulia, con cui è stato
finanziato.
Il documentario parte da Parigi, dove
Mohamed è andato a trovare alcuni suoi parenti, per arrivare,
seguendolo nel suo viaggio in treno fino alla cittadina siciliana di
Mazara del Vallo dove vive Vito, rievocando un viaggio drammatico e
doloroso, ma anche vivendo insieme ai due protagonisti, un incontro
che dà speranza per il futuro. Se il film racconta una storia di
grande umanità e fratellanza, come quando Vito dice “per me ora
Mohamed è come un figlio”, attraverso il giovane venuto
dall'Africa si denuncia anche la disumana violazione della sacra
legge del mare, cui tante normative inique hanno portato: “Tante volte,
abbiamo visto barche passare, abbiamo fatto segni, urlato ma niente,
scappavano tutte”, racconta Mohamed. Per me, la produttrice Marta
Zaccaron e il regista Marco Leopardi, l'obiettivo è dare voce a
tutti coloro che come Mohamed cercano un mondo migliore. Mohamed
parla anche per tutti coloro che non ce l'hanno fatta.
Ludovica Jona
Il film può essere visto a questo link:
http://www.raistoria.rai.it/articoli-programma/crashpopoli-mohamed-e-il-pescatore/22299/default.aspx
Per info:
https://www.facebook.com/MOHAMEDEILPESCATORE?ref=hl
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